lunedì 29 settembre 2014









foto di Carole: Wikimedia Commons


L'essere umano cerca anche fuori il paesaggio che si porta dentro. Forse è per questo  che ho sempre nutrito una bruciante voglia di ampie steppe russe.
[...] E' sorprendente che una persona possa avere in sé un simile spazio.


Etty Hillesum, Diario








il tempo è questo












In un percorso integralmente personale e, quindi, terapeutico scopriamo che le occasioni perdute possono diventare risorse: effettive.
Non è una sfida, nemmeno uno sforzo militante e volontaristico. 
Si tratta di un'evidenza, sottile, all'inizio, ma che si rivela via via più solida nella misura dell'espansione del desiderio, dell'attitudine desiderante spesso misconosciuta, evitata, fonte di spavento.





venerdì 28 settembre 2012








Ci conosciamo raccontandoci, narrando la nostra vita, a noi stessi, a noi stesse, a chi ci avvicina e a chi avviciniamo. A volte non ci accostiamo e non ci lasciamo accostare: per non raccontarci. Altre volte non ci raccontiamo o ci narriamo male: per non avvicinarci. Alcune nostre storie hanno finali prevedibili e statici, altre hanno morali troppo rigide. Di alcune perdiamo il filo; tra i fili di altre i nostri passi si possono aggrovigliare, e questo può fare male. Capita che non sappiamo più chi c'era una volta e chi non c'era; non accettiamo che qualcuno, qualcuna, non ci sia stato, non ci sia mai o non ci sarà più.
Credo che possiamo cambiare i nostri racconti: trasformarli ed esserne trasformati e credo anche che questo movimento sia costante e implichi una rinnovata consapevolezza sui nostri vissuti e sul nostro agire. L'impegno primario - che attende chi decide di avventurarsi in un percorso psicoterapeutico - potrebbe dunque non essere più la domanda su cosa fare ma su come riconoscersi e ridirsi.
Il percorso inizia dal rinvenimento del Desiderio ovvero di un sé desiderante, sempre nascente e in dilatazione...






C'è una parola in noi più forte di tutte le altre – più personale anche.
Parola di solitudine e di certezza, così nascosta nella notte che a malapena è udibile da se stessa.
Parola di diniego ma, al contempo, del coinvolgimento assoluto. Parola che forgia i suoi legami di silenzio nel silenzio abissale del legame.
Questa parola non si condivide. Si immola.

Edmond Jabès, Il libro della condivisione      















C'è un taglio. Un taglio - sopra un sostegno - che non lede il sostegno: lo evidenzia. Una frattura che divide, creando un altro spazio.  Spazio piccolo, di solitudine, sì, ma anche di estrema vicinanza, quando Qualcuno arriva.
C'è una ferita che ci sottrae alla dispersione e ci impedisce di smarrirci, con-segnandoci un luogo e un confine: il nostro e quello dell'Ospite, il nostro con l'Ospite. Sotto il taglio che ci dà forma, un germoglio. Nel buio.